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Le Maldive furono ( sino al 12° secolo ) di religione Buddhista. Un giorno un naufrago Marocchino d...


29-31 Luglio [3]

di Nik Zanella



Dopo essermi tolto parte della fame di onde realizzo cosa è successo a Srilanka e decido di cancellare quelle due settimane ad Arugam Bay per rimanere più a lungo a Tari. Lo staff si fa in quattro, il mio biglietto è spedito a Malé e torna dopo pochi giorni, esteso e stickerato. Intanto la swell cresce, Pasta è stabile sui 4/5 ft, il set è ben più alto di me. Tutte le sezioni cominciano a stendersi. Il take off si fa su un muro veloce e tubante (detto "Maccaroni") che proietta in una sezione ripida. Qui l’onda rallenta piegando verso riva (Gonzo Bowl) e regge ogni sorta di manovre. L’ultima sezione è la più asciutta, comincio a farne la conoscenza col crescere della swell. Si chiama "Locked Jaws" (denti stretti) e scorre veloce su un tavolato di reef fondo mezzo metro, produce un tubo circolare carico di schiuma e se ti prende ti grattugia. Le due sezioni prima sono tranquille, questa no! Anche gli australiani più hardcore escono prima.

Il 31 lo ricorderò per un pezzo. Le onde sono sugli 8 ft (double-overhead), i set qualcosa di più. Nel canale tra Tari e Sultans i dhoni spariscono tra le gobbe del mare. Usciamo a Pasta ma appena prendo la prima onda un temporale si accanisce su di noi. Un vento oltre 40 nodi ci spinge di lato oltre il picco verso la zona di eterno close-out. Chi ci riesce, prende un’onda ed esce ma i choppy del vento rendono il takeoff quasi impossibile. Nuoto dritto verso riva senza vedere niente per la pioggia e rischiando di prendermi un set sui 10 ft in testa. La situazione è critica per tutti ma Pete che é quasi a terra si gira, mi viene incontro e nel vento mi urla "Nik, get the hell out of there!!". "Graziealcazzo" penso! Non posso contrastare quel vento a nuoto e prendo una palla di schiuma che mi spara, da sdraiato, dentro il tubo di Locked Jaws! Salto di choppo in choppo come una bambola di pezza. Nel vento vedo solo la sezione davanti a me succhiare sotto il livello del mare. Devo uscire da quest’inferno! Tiro sul nose con le mani, affondo le dita nella resina poi vengo succhiato in basso e shakerato "on the rocks". Divento acqua, quando mi rialzo non so dove sia la terra o il mare. Tocco ai polpacci, mi ripiglio, recupero la tavola e scappo zompettando sul reef come fosse moquette. Neanche un graffio.

In mezzora l’inferno passa. Gli altri tornano in acqua, anche Ibu (la surf-guide e campione delle Maldive) esce ma ancor prima che io riesca a scattargli foto rompe il leash, non riesce a tornare a riva e viene ripescato nel canale dalla barca. Sono surfed-out e ho bisogno di un giorno di riflessione. Al pomeriggio vado a letto e dormo dodici ore filate.

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